C’è una geostoria maremmana

Roccatederighi: Terra e mare, porti e mura, leccio e giunco. L’osmosi tra la Maremma e il suo Mediterraneo è quotidiana e salda, come al tempo dei Lucumoni, come impressa sulle monete in uso a Vatluna.

E poco cambia che il paesaggio maremmano, per la dura fatica dell’uomo, sia così mutato e il sale di Prile scomparso. Ancora questa terra-mare offre un’indomita verità, dove il cibo è ancora frutto del lavoro, imprigionato alle leggi del tempo, al cerchio delle stagioni, ai rovesci della natura; una natura che conserva boschi fondi e paurosi e cinghiali irsuti, che forza l’uomo a essere sterpatore o carbonaio o ancora minatore a Campiano o a Niccioleta, esplorando le sue viscere.

La riscoperta e la valorizzazione del legame tra queste due anime della stessa madre-terra è lo scopo del Premio “La Maremma per il Mediterraneo”, andato in scena alla Trattoria il Corso di Roccatederighi, con il contributo di Pro Loco e Ampeleia.

La prima edizione, svoltasi domenica 21 agosto, ha visto premiare Gianni Bonini, che ha valorizzato questa terra marittima con l’energia, e i due Rafanelli, Luigi e Simona, padre e figlia, colonne portanti del Museo archeologico di Vetulonia “Isidoro Falchi” – perché c’è un genius loci. Madrina della serata Stefania Craxi, tutta mediterranea, per sangue e per destino.

Una serata per promuovere un’altra cultura del territorio e dell’ambiente, per fare riflessione politica in altri tempo-luoghi, nel rito del cibo e del vino, per accendere una mutualità e una solidarietà orizzontale – una scelta più che mai concreta e non un vagheggiamento naïf – da contrapporre subito al solipsismo dell'impaludamento digitale.