Festa di San Giuseppe: chiudiamo gli occhi per un attimo e illuminare nella mente l’immagine dei nostri babbi

di Massimo Ciani Perchè quel Giuseppe, babbo suo malgrado, mi è sempre stato simpatico. Tutta l'agiografia esalta santi straordinari come Francesco, Antonio, Caterina ma relega in un angolino questo umile falegname di una Palestina ben diversa da quella contemporanea.

E poi, quando penso a un babbo, qualunque babbo, mi vengono in mente due figure, quella di San Giuseppe, appunto, e quella di Geppetto, il mitico babbo di Pinocchio.

Babbi non babbi, divenuti tali per volontà altrui, del Padreterno l'uno e di un grande scrittore come Collodi l'altro, babbi putativi appunto, che sono rimasti nell'ombra, travolti dalla prorompente personalità dei loro figli. Ebbene, questi babbi che con la loro modestia e riservatezza sono stati capaci di far sentire la propria presenza in punta di piedi, senza stravolgere il disegno di chi li ha dipinti tali, meritano a buon diritto quella considerazione per troppo tempo loro negata.

Eccolo San Giuseppe. Babbo putativo di Gesù. Io mi vergognavo quasi, a pronunciare quel putativo, a catechismo. Mi sembrava una parolaccia. E poi, sinceramente, non l’ho mai capito fino in fondo il perché un modesto falegname dei tempi antichi si fosse impelagato in una storia così grande e complicata, destinata a concludersi con un omicidio con tanto di esecutori e mandanti. Poi, crescendo, ho capito, o almeno lo spero. E da lì la mia ammirazione per i babbi, figure sgualcite dopo il grande balzo storico in avanti del ruolo di mamma. Penso però che sia giusto chiudere gli occhi per un attimo e illuminare nella mente l’immagine dei nostri babbi, seri o sorridenti, vivi o scomparsi. Senza scadere nel sentimentalismo. Solo con grande dolcezza.