Confesercenti: Inviato ai candidati alla Presidenza della Regione Toscana documento per attenzione temi del welfare non autosufficienza assistenza territoriale   

Firenze: La Toscana è terra dove il libero pensiero e stato sempre presente e dove la gente di questa terra ha sempre manifestato in libertà la propria espressione politica/amministrativa come gli aggrada individualmente.  

La FIPAC (federazione Italiana pensionati del commercio) espressione di Confesercenti, nasce in questa terra e si sviluppa fino a diventare numericamente la prima struttura di rappresentanza dei pensionati del commercio in Italia.

Abbiamo sedi in tutte le provincie della Regione dove operiamo costantemente, la nostra presenza non è fatta solo di numeri ma di persone che giornalmente operano nelle varie realtà.

In ottemperanza allo statuto la Fipac non ha una connotazione politica definita, la nostra missione è semplicemente quella di recepire le istanze e le richieste dei nostri associati, tutelarne i diritti, garantirne dignità e adeguata rappresentanza in tutte le sedi anche Istituzionali, questo è da sempre il nostro operare e ne siamo orgogliosi, cosi vogliamo continuare.

La pandemia del covid 19 ha messo in evidenza i problemi e le difficoltà della sanità sia a livello nazionale che regionale, con modalità comunque diverse fra le varie Regioni, frutto di scelte troppo spesso inopportune o semplicemente sbagliate nella programmazione, e attuazione di modelli funzionali sulla carta ma inadeguati nella realtà.

Il risultato, anche nelle realtà più avanzate è stato quello di aver esposto ad un pericolo tremendo i più precari di salute “anziani e malati cronici” non potendo dare loro assistenza come dovuto per altre malattie altrettanto gravi, e purtroppo i dati dei decessi di questi mesi lo stanno a dimostrare.  La medicina del territorio della sanità pubblica ha mostrato tutte le sue debolezze. 

Il sistematico smantellamento degli ospedali territoriali, l’indebolimento della rete dei medici di base a favore di un sistema che incentrava solo negli ospedali di eccellenza “universitari” tutte le funzioni hanno dimostrato l’inadeguatezza del sistema di fronte ad eventi di questa portata e tipologia.

Sul tema della salute, Fipac Confesercenti è intervenuta ripetutamente, con interventi, iniziative, proposte, che hanno trovato nelle “settimane della buona salute” un momento di sintesi e di partecipazione.  Questa nota quindi non riprende temi già ampiamente trattati, e tenendo conto del nuovo quadro post pandemia, si sofferma, anche in relazione alla prossima tornata elettorale, a delineare una traccia, una linea di intervento che a nostro parere sono necessarie e urgenti, in particolare ai temi del welfare con particolare riguardo alla non autosufficienza e all’assistenza territoriale.       

L’emergenza coronavirus ha evidenziato in modo drammatico le criticità del sistema sanitario nazionale ed accentuato le divisioni territoriali del paese, l’antico mantra: diminuire le spese ed aumentare i servizi si è dimostrato un fallimento.

Abbiamo vissuto per diversi mesi, ma l’emergenza non è ancora finita, in una condizione di angoscia, di paura costante, in un clima cupo che non aveva nulla di normale.  Abbiamo sentito ogni sera la conferenza stampa della protezione civile, come fosse un bollettino di guerra, abbiamo visto e rivisto immagini drammatiche che pensavamo facessero ormai parte di un mondo passato, si sono sovraccaricati gli ospedali, le terapie intensive, improvvisamente ci siamo sentiti impotenti difronte ad un virus che ha in pochissimo tempo annientato tutte le nostre certezze.

Al nord l’eccessiva privatizzazione della salute, la sua aziendalizzazione forzata non ha impedito l’esplodere del virus, anche e soprattutto per lo smantellamento della medicina territoriale.

Al sud la mancanza di posti letto, specie di terapia intensiva, il numero di specialisti e rianimatori, aggiunti alle carenze organizzative croniche, hanno lasciato in apprensione milioni di cittadini.

Vi sono sicuramente state realtà che meglio di altre hanno affrontato l’emergenza come ad esempio anche la nostra Regione, ma questo non basta, il sistema deve essere comunque ripensato in termini generali.     

Dobbiamo essere grati all’abnegazione del personale sanitario che a rischio della propria salute e pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane ha permesso al sistema sanitario di tenere, evitando anche oltre le oggettive possibilità il collasso del sistema, in particolare in alcune parti del nostro paese.

Dopo un fase di tagli, di chiusura sistematica di ospedali territoriali e di reparti, di ridimensionamento dei posti letto, di smantellamento sistematico della sanità pubblica di 39 miliardi di minori investimenti dal 2018 al 2019,  occorre avviare un profondo ripensamento del servizio sanitario pubblico, ed occorre mettere in campo risorse importanti per raggiungere questo obbiettivo, comprese quelle del Mes.

Va comunque sottolineato dal modello verso il quale si sono orientate le diverse Regioni (ognuna con il proprio sistema sanitario determinato cosi la convivenza di venti e più sistemi sanitari, in un solo paese) che la presenza di un servizio sanitario pubblico ed universalistico si è confermato comunque una risorsa centrale, ben oltre gli errori gravi, le scelte irresponsabili registrate (alcune delle quali oggetto di intervento delle procure)  la confusione di poteri, una comunicazione alquanto discutibile.

RIPENSARE L’ASSISTENZA

La corte dei conti nel “Rapporto 2020 di ordinamento sulla finanza pubblica”  al capitolo “sanità e nuovo patto per la salute” a cui sono dedicate più di 100 pagine mette in evidenza come l’emergenza che il paese sta affrontando ha reso più visibile, ove ve ne fosse stato bisogno, l’importanza  di poter contare su una assistenza sanitaria efficiente e in grado di rispondere a minacce rese più insidiose da un sistema economico sempre più aperto e globalizzato. L’assistenza socio sanitaria territoriale, si è confermata (pur con forti differenze fra regioni) un punto debole e sottoutilizzato nell’emergenza.    

 In particolare la corte afferma che la mancanza di un sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate. Tali carenze sono state scaricate nel corso degli ultimi anni, non senza problemi, sulle famiglie.  Secondo il rapporto è infatti sempre più evidente che una adeguata rete di assistenza su territorio non è solo questione di civiltà a fronte delle difficoltà del singolo e delle persone con disabilità e cronicità, ma rappresenta l’unico strumento di difesa per affrontare e contenere  con  rapidità fenomeni come quello che stiamo combattendo.  Sono valutazioni,, per noi condivisibili da cui ne discerne che il rilancio  del SSN deve avere come priorità il potenziamento dell’assistenza  socio sanitaria territoriale.

In Italia questa attenzione finora e stata debole. La medicina di prossimità è stata fra le più colpite da un decennio di tagli.  Qualcosa si sta movendo ora con il decreto legge 34/2020 “ rilancio” che prevede piani regionali per il potenziamento dell’assistenza domiciliare e territoriale, rivolti in specie verso le persone più vulnerabili: soggetti cronici, disabili, con disturbi  mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, e in generale fragilità.

Questa cornice nazionale serve in particolare per le condizioni delle persone non autosufficienti, che è di gran lunga la più rilevante per le dimensioni del fenomeno, per la presenza di  co-morbilità e di bisogni di natura sanitaria strettamente intrecciati con quelli sociali.

Per questo insistiamo per una legge quadro sulla non autosufficienza.  

Nonostante le persone anziane siano il 23% della popolazione con un previsione di crescita ulteriore neri prossimi anni (istat 2020), il Paese non ha una risposta adeguata ai loro bisogni di salute e assistenza.  Le persone non autosufficienti sono quasi 3 milioni (2,2 milioni nel 2019 i percettori di indennità di accompagnamento).

Sono ricoverate in R.S.A. o in case di riposo 290mila persone anziane (Istat 2018) in gran parte non autosufficienti.

Sia il modello domiciliare del “badantato” che quello custodialista delle R.S.A. hanno dimostrato tutti i loro limiti, anche per gli oneri pesantissimi a carico delle persone ospitate e dei loro familiari.

L’emergenza Covid 19 ha svelato che ancora una volta sono state le persone rinchiuse nelle istituzioni locali a pagare il prezzo più alto.

Questo non può essere annoverato come un tragico incidente, ma mette in luce valori fondamentali che attengono alla dignità umana in tutte le fasi della vita.

Seguendo una schematica traccia occorre lavorare su:

  • Un sistema di sostegno alla vita autonoma ed alle soluzioni di assistenza domiciliare
  • Azione di promozione della salute attraverso strumenti socio economici che concorrono al benessere della persona, e prevenzione.
  • Riorganizzazione e revisione degli standard del sistema delle strutture residenziali attraverso anche un intervento pubblico.

E’ chiaro che per far tutto ciò occorrano finanziamenti importanti, ed in questo caso decisivi saranno i fondi europei del MES.

Le prossime elezioni regionali possono rappresentare un’occasione per associare al lavoro in corso sui piani regionali il potenziamento dell’assistenza socio-sanitaria territoriale alcuni interventi che appaiono determinanti alla luca dell’emergenza sanitaria in corso:  

  1. Incremento della medicina territoriale e delle strutture di prossimità smantellate negli ultimi decenni
  2. Garantire un ruolo più attivo ai medici di famiglia che devono rappresentare un fondamentale strumento della sanità pubblica, assumendo il ruolo fondamentale di presidio territoriale dell’assistenza.
  3. Potenziamento delle reti di assistenza socio sanitaria territoriale
  4. Interventi sui pronto soccorso e la liste di attesa. In particolare le difficoltà scaturite da quest’ultimo aspetto stanno assumendo proporzioni non più sostenibili. Di fronte ad un problema di questo tipo, che investe tutti i cittadini, è necessario ragionare in modo serio e convinto sull’organizzazione attuale del servizio, e sulle criticità strutturali che determinano l’attuale situazione che ormai rappresenta un vero e proprio problema generale.
  5. Garantire la partecipazione dei cittadini e delle Associazioni attraverso comitati di partecipazione, indirizzo e vigilanza al fine di migliorare il sistema nel suo complesso attraverso un concreto coinvolgimento di tutte la parti interessate ed in grado di fornire un significativo e costruttivo contributo.

Più in generale formulare indirizzi per la ricomposizione delle prestazioni socio sanitarie (fermo restando i distinti finanziamenti).

Conclusioni.   

La riorganizzazione dell’assistenza socio sanitaria territoriale deve essere accompagnata da specifici progetti e strumenti nazionali e regionali riferiti al potenziamento dei servizi socio sanitari ad alta integrazione, oltre a quelli riferiti alla non autosufficienza per l’assistenza a distanza.

Occorre in conclusione rivedere e migliorare, anche nelle realtà più virtuose, l’assistenza socio sanitaria in tutti i suoi aspetti, attraverso strumenti nazionali e regionali per garantire servizi e prestazioni in linea con le effettive esigenze, di tutte le fasce della popolazione.