Taglio dei boschi: Italia Nostra Toscana risponde ad ASEA

Amiata: Italia Nostra, WWF Grosseto e Lac Toscana hanno sollevato presso i competenti organi dello Stato una questione che l’Autorità Forestale Regionale Toscana continuava ad ignorare: la necessità di autorizzazione paesaggistica nelle aree tutelate da decreto ministeriale.

Già il MiBACT si era espresso in tal senso con due importanti pareri dei propri uffici legislativi. In ogni caso, con l’entrata in vigore del Testo Unico Forestale (Dlgs 34 del 2018, in Gazzetta Ufficiale dal 20 aprile 2018), era stato chiarito l’obbligo in tal senso (articolo 7 comma 12, così come riportato nella recente sentenza del Consiglio di Stato).

La mancanza di autorizzazione paesaggistica per interventi nelle aree tutelate configura una violazione punita penalmente. Questo vuol dire una cosa sola: che ogni attività forestale autorizzata negli ultimi anni dalla Regione in assenza del nulla osta della Soprintendenza è di fatto illegittima, e ogni intervento è avvenuto nell'illegalità. Chi ha operato in quel regime di illegalità, oltre a infrangere la legge, ha anche esercitato una concorrenza sleale nei confronti delle imprese che hanno sopportato i costi e i pesi della legalità.

Adesso, come sempre accade quando finisce un particolare regime di favore economico alimentato dall’irregolarità legislativa, una schiera di prefiche comincia a piangere il totale disastro economico e la messa in ginocchio del settore forestale. Non è assolutamente così. Questo è per rispondere a chi chiama in causa la competente Soprintendenza, che ha ritenuto pienamente ragionevoli le argomentazioni tecniche e le considerazioni paesaggistiche espresse da Italia Nostra.

Ricordiamo, a chi piange miseria, che la loro economia non ne soffrirà minimamente, a patto di superare la pigrizia imprenditoriale che caratterizza quel sistema economico. La fustaia e il ceduo composto sono in grado non solo di garantire la stessa produzione legnosa del ceduo, ma anzi di aumentarne il valore aggiunto, uscendo dalla pericolosa monocultura del ceduo da paleria, per diversificare la produzione con altri assortimenti, come il travame e il legname da opera, altrettanto richiesti da ampie fette di mercato, come è possibile constatare consultando le riviste specializzate di settore e altre fonti di informazione.

Come si desume dagli ortofotogrammi del 1953 e dalla cartografia ISTAT del catasto forestale del 1949, all’anno dell’istituzione del vincolo paesaggistico sul cono dell’Amiata (1959) erano presenti solo fustaie e cedui composti. Il ceduo non ha salvato, ma solo rimpiazzato le fustaie di castagno attaccate dalla prima ondata di cancro corticale avvenuta negli Anni ’60, comunque dopo l’imposizione del vincolo. Il castagno si è salvato solo grazie alla naturale diminuzione della virulenza del patogeno, che al momento attuale è presente endemicamente in quella popolazione. Grazie alla Soprintendenza, quindi, fustaia e ceduo composto rientrano di diritto a far parte del paesaggio forestale del Monte Amiata, dopo l’usurpazione e la degradazione del ceduo, trattamento brutale e incompatibile con la tutela del suolo, del paesaggio, della biodiversità e della sostenibilità ambientale e sociale.

Con la reintroduzione di forme di governo più complesse da gestire, come la fustaia, ci sarà maggior lavoro per i tecnici e per la manodopera specializzata e formata, sollevando il settore forestale dalla cronica dipendenza di manodopera estera, poco qualificata e a basso costo che caratterizza, tra l’altro, in linea generale, uno dei settori lavorativi più arretrati in tema di sicurezza sul lavoro e caporalato, correlati principalmente alla presenza del ceduo, e che ha pesanti ripercussioni anche sulla componente sociale dei piccoli borghi montani, caratterizzati sempre più da tagliatori provenienti dai paesi balcanici e africani che non trovano, nel lavoro e nel territorio, che poche opportunità di integrazione sociale.

La possibilità di convertire la produzione in assortimenti più pregiati e remunerativi, pur mantenendo la produzione di paleria, non gioverà all’economia amiatina, svincolandola dai rischi congiunturali delle monoproduzioni, legate in questo caso a doppio filo con l’instabilità e la precarietà delle economie vitivinicole, di cui sono serventi.

Grazie all’incremento del pregio paesaggistico, inoltre, vi sarà compatibilità tra le economie forestali e quelle legate alle attività ricettive, della filiera agro-alimentare che hanno in un paesaggio preservato, la loro unica risorsa di valore aggiunto. Un bosco ceduo, come dimostrano anche recenti progetti Life condotto dalla Regione Toscana, è la forma di governo meno compatibile con la fornitura degli altri servizi ecosistemici, in primis quelli culturali e ricreativi, legati alla fruizione del bosco, e che non sono solo l’esigenza di “ambientalisti da salotto”, ma una risorsa vitale per agriturismi, alberghi, ristoranti, locazioni estive, aziende agricole e altre attività commerciali.

La tutela del paesaggio è inoltre positivamente correlata con il valore commerciale delle case che, come sappiamo, in questo momento storico costringe molti cittadini a svendere le proprie abitazioni, cui sono legati affettivamente per motivi di eredità familiare, schiacciati da un lato dalle tasse sugli immobili e dalle tariffe sui rifiuti, oppure costretti ad affittarle per pochi euro a taglialegna stranieri impiegati in un settore economico sostanzialmente povero, con pesanti ricadute sociali sul territorio, che deprimono ancor più le altre progettualità più virtuose, come ad esempio gli alberghi diffusi.

Insomma, vogliamo tranquillizzare il settore forestale, invitarlo ad un maggior rispetto delle istituzioni e chiedergli di uscire dal proprio egoismo produttivo, pensando anche ad altre economie montane, non solo alla propria, che non è né la più importante, né la più ricca. Chiediamo inoltre di riflettere sull’opportunità di sanare, anche ricorrendo all’Autorità giudiziaria, i possibili profili di illegalità che dovessero protrarsi oltre quelli già ingiustamente sopportati dall'intera società. Il paesaggio e l’ecosistema forestale sono un bene comune, un fattore di crescita economica, sociale e culturale di tutti, e non “cosa loro”.